f u o r i p o r t a

le sere dei miracoli hanno poche parole.
un balcone, una luna, un moscato e una compagnia.
la vita al di là del riflesso lunare, semplice.
non è mai solo il vino, c'è dietro sempre la cura, il tempo e il sole sui chicchi, c'è sempre l'amore di un uomo dietro a ogni sorso.
c'è la sincerità di un uomo di fronte a una luna, di fronte a una porta, alle mille porte, dentro e fuori di casa, dentro e fuori di sè.
c'è una vita che mai può esser morte.

...

Cadon come foglie o gli ubriachi sulle strade che hanno scelto, 
delle rabbie antiche non rimane che una frase o qualche gesto, 
non so se scusano il passato per giovinezza o per errore, 
non so se ancora desto in loro, se m' incontrano per forza, la curiosità o il timore


... 

Sono ancora aperte come un tempo le osterie di fuori porta, 
ma la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta: 
qualcuno è andato per formarsi, chi per seguire la ragione, 
chi perchè stanco di giocare, bere il vino, sputtanarsi ed è una morte un po' peggiore


francesco guccini_o s t e r i e d i f u o r i p o r t a

siam quelli fuori dalla porta, che dalle miserie traggon poesia, che nell'umanità di ciascuno vi scoprono un'arte, che si annoiano   di qualsiasi posto che non abbia un viso e due occhi in cui guardare.

anime salve


neanche il vento della mattina di primavera lava i segni dei posti eclissati di quest'anima piena, le grida delle cose che ella non riesce a dire, il loro dolore non narrato.
nulla che bussa a tratti, disturbatore perfetto della notte nel giorno, scia nel cielo che sfuma all'orizzonte. 
tutti i vuoti riempiono il tedio senza nome di questa serata ai bordi della luce orizzontale, tramonto di tutte volontà e contemplazione nel silenzio del verde dei lungarni, dei fiori dolci che timidamente guardano alla prima primavera. 
ogni cosa vive solo perché ne posso scrivere. anche io, perchè improvvisamente non so chi sono, e mi assale un dolce dolore, nel profondo, una rabbia nella resa, spettatrice di un passo cadenzato nella leggerezza sciocca del rifiuto di questa sera che giunge nel silenzio, nel silenzio che vi è fuori ed entra nelle mie parole come un dolce veleno sottile. 
vedo solo i segni netti della luna, compagna lontana delle mie cadute e dei miei voli, dei miei assoli.
il mondo tace il cuore con un sospiro che è già a domani.
cerco gli strumenti per costruire il mio desiderio.
voglio tutti i modi delle cose, e ne voglio la musica, forte nelle orecchie e sulla pelle dell’urlo. 
io voglio l’urlo, voglio le sue montagne. voglio scrutare il mondo dall'alto come su un vascello dai colori di mare, voglio il rumore nell'acqua  lieve che arriva come una carezza sul cuore, voglio sul mio cuore anche la goccia di sale.

fabrizio de andrè_A N I M E S A L V E

Mille anni al mondo mille ancora 
che bell'inganno sei anima mia 
e che bello il mio tempo 
che bella compagnia 

sono giorni di finestre adornate 
canti di stagione 
anime salve in terra e in mare 

sono state giornate furibonde 
senza atti d'amore 
senza calma di vento 
solo passaggi e passaggi, 
passaggi di tempo 

ore infinite come costellazioni e onde 
spietate come gli occhi della memoria 
altra memoria e NON basta ancora 
cose svanite facce e poi il futuro 

i futuri incontri di belle amanti scellerate 
saranno scontri saranno cacce coi cani e coi cinghiali 
saranno rincorse morsi e affanni per mille anni 
mille anni al mondo mille ancora 
che bell'inganno sei anima mia 
e che grande il mio tempo che bella compagnia 

mi sono spiato illudermi e fallire 
abortire i figli come i sogni 
mi sono guardato piangere in uno specchio di neve 
mi sono visto che ridevo 
mi sono visto di spalle che partivo 

ti saluto dai paesi di domani 
che sono visioni di anime contadine 
in volo per il mondo 

mille anni al mondo mille ancora 
che bell'inganno sei anima mia 
e che grande questo tempo che solitudine 
che bella compagnia


questa canzone accarezza la mia anima come miele e mi riscopro amarla, contemplarla, comprenderla, ascoltarla, come si ascoltano le prime voci che giungono al mattino, quando ancora non siamo svegli, ma neppure dormiamo, preludio del mondo ancora invischiato nel sogno notturno.

la costruzione delle cose immaginate


La prima cosa è la coscienza dello spazio, sapere che  lontano, da un’altra parte, altrove, sta accadendo qualcosa. Anzi, fuori dalle mura di casa tutto sta accadendo in giro per il paese, ma occorre sapere dove.
E la seconda cosa è il tempo, occorre arrivare in tempo perché quella cosa accada a noi e non immaginare soltanto che accada. Se lo spazio poi è ampio e distante è necessario differire il tempo dell’azione dal tempo del desiderio, perché partire quando desidereremmo essere già lì è una vana corsa verso una stanza vuota. 
Possedere questa consapevolezza è una qualità che può contribuire a rendere la vita arte dell’incontro.
Le anime si incontrano per caso, per curiosità, per determinazione. In tutti i casi l’incontro ha sempre del miracoloso. Nella coincidenza la componente magica è più evidente; ma decidere, partire, muoversi a tempo per trovarsi nel posto in cui la cosa sta accadendo è un miracolo come la costruzione di tutte le cose immaginate.

v i n i c i o_c a p o s s e l a


casanova sends his gondolences_piazza san marco, venice_arno rafael minkkinen

il porto di odisseo


l’odore, solo l’odore.
l’abbandono a un dolce morire che neanche farebbe rumore dentro.
ma fa rumore solo fuori.
e fuori anche il tempo muore, mentre la luce si spegne su tutto quello che siamo, mentre anche la sera ci ricorda che il mondo galleggia su una trama sottile che ci tesse dagli occhi al petto. 
il petto che riposa su un talamo in penombra e il chiaroscuro dello sguardo che disegna come con un lapis invisibile la separazione col mondo, che oscilla contro le pieghe di una tenda.
il paesaggio collinare del mio cuore al tramonto, al di là del vetro. 
la brezza della notte d'estate mi scuote in superficie. 
il mondo fatica a sollevarsi nell'aria grave della sera e lo sento appoggiarsi con tutto il suo peso al mio fianco. mi guarda, con occhi di oceano.


sono viva.

ma questa è un'altra vita. è la vita dei porti, i porti in cui si giunge e mai si parte, approdo dell'abbandono dalle onde. l'approdo dell'odisseo.


..
non ho più niente da aspettar 

soltanto un sonno di quiete domani
..

arianna papini_i l r i t o r n o d i u l i s s e


destino alla sera

oggi è una giornata assente. 

sono sopita dentro un corpo che si muove tra la pioggia. 
e non so se è la pioggia a far nascere questi stagni, questo verde di zampilli e di risucchi.
sembrano zompettare dall’interno delle mie narici, annaspando in un’umidità universale.
tutte le negazioni sono dentro di me e la sofferenza è sentire il tempo che fuori scorre, sulla superficie di un sentire annoiato. 
dentro di me un nulla sconfinato.
mi muovo per l’inerzia che vive del dover fare, del dover finire.
ma si può mai finire?
mi sembra di indugiare di gran lunga sul procinto del termine delle cose, perché si allunghino oltre il limite che permette di percepirle nella loro essenza.

io vorrei solo non dormire, fermarmi nel momento in cui sopravviene l’incoscienza.
l’incoscienza di tutto e di tutti, la soglia del sogno eterno,in cui tutto si frantuma in brodo primordiale.
 
jack vettriano_i n t h o u g h t s o f y o u


le giornate che si allungano mi riempiono di speranze nuove, in fibrillazione. in realtà è la solitudine del mio tempo distratto che batte con vigore contro la porta del mio destino serale, la contemplazione delle cose che mi circondano senza che mi tocchino.
tutto mi è estraneo, anche il desiderio, che ora vedo solo come un capriccio della mia superiore umanità, una pausa del mio pensiero intellettivo, il sonno della programmazione dell’esistere, il cuscino della mia noia infinita.
la noia per tutto ciò che strabocca dalle increspature del mio disegno quotidiano.

mi fermo ai preludi,agli inizi di una qualche cosa, ai primi segni di un prossimo evento 


mare_infinito ad angolo retto



lo scorgi da lontano. lama sottile d’acqua che stamani sembra fatta di cielo.
la foschia ne diffonde i contorni e i colori, coperchio gelato del sentire che pare sciogliere e frantumare gli scheletri in cemento variopinto che gli stanno davanti, che muta il suono in ammutinamento generale.
il fantasma piatto che osserva e confina, che come con un dolce laccio alla gola tira al suo frastuono costante, tale che sembra non si muova.

donna di nulla nel nulla che gli sta di fronte. 
l’acqua del tutto si muove dentro, voragine senza fine che accoglie la mia come padre, nel senso orizzontale di tutte le ascese e le cadute: infinito ad angolo retto.
linfa e fortezza nell'abbandono di tutto.
urlo dal suono cieco.
me ne sto, nuda sulla riva, e non so se il tuo abisso è più profondo del mio, ma l’incoscienza di questa cosa è più di una verità, che mi accarezza da una vita, che mi comprende e mi fa sentire compresa.
vedo gli approdi lontani di un nulla che conosco, le rive bianche come fianchi accoglienti, grembo rigoglioso della vita passata e della vita futura che ugualmente mi appare come sogno, che neanche ricordo, naufragio di tutte le mie volontà, che diventano deriva dolce e senza tristezza. 
vedo i volti che più non scorgo, ma che da qui mi tengono ancora per mano.
ciò che sono e che sono stata fluttua dalla superficie al fondo, cosicché tutto va schiumandosi e giunge lieve sulla battigia.
i passi sulla sabbia non fanno rumore e non lasciano alcun segno, così io non sono mai stata, o lo sono da sempre, come tutte le cose.

..l'uomo non si volta neppure. continua a fissare il mare. silenzio. di tanto in tanto intinge un pennello in una tazza di rame e abbozza sulla tela pochi tratti leggeri. le setole lasciano dietro di sè l'ombra di un pallidissima oscurità che il vento immediatamente asciuga, riportando a galla il bianco di prima. acqua. nella tazza di rame c'è solo acqua. e sulla tela, niente. niente che si possa vedere.

alessandro baricco_o c e a n o m a r e

il cielo è infinito.
sono a casa.


 




per le immagini in alto ran ortner