perché no?



sabato mattina che ti svegli coi New Order.

fuori dal letto, macchinetta del caffè n 1.

la radio passa Battisti, switch immediato alla carta d'identità che segna 16 anni. 

la voce del pisciaro, che sono le 9 del mattino.
sveglia ursi, c'è il pane fresco e tu pesi anche di meno stamattina.
l'aria che canta Lucio ti solleva da terra in una nuvola di leggerezza, onestà, un pò nostalgica, con una decadenza al sapore delle sedie di plastica dei circolini del paese - brasilena 1 euro.

fai un altro caffè che il mondo può aspettare ogni tanto.

pausa.

casa nuova ha delle enormi vetrate, ma è così tanto bene isolata che tutto passa come in televisione.


che bella sei sembri più giovane

o forse sei solo più simpatica
oh lo so cosa tu vuoi sapere
...


il rito sabato lentezza, come andare in chiesa col 'colletto di velluto' la domenica.
ma è sabato. il colletto è per il pigiama a righe di fronte alla tazzina del caffè e la telefonata a casa, a parlare di vento, di umidità, delle cose che dovremmo fare.

dalla pagina DIALOGHI CON BATTISTI stamattina abbiamo:

canto Brasileiro
confusione
ancora tu
prendila così






macchinetta del caffè n.2

e poi via al Waitrose, bicicletta, gradi 3, secondo switch contro cui combattiamo con occhiale nero coprente, resistenza spartana e distacco elitario, cantando:

Monumenti e chiese parlando inglese 
e tornare a casa a piedi dandoti del lei.
...perché no? 

- Scusi lei mi ama o no?
- Non lo so però ci sto!







blu, satellite



Cambridge, 4 febbraio 2019

il tempo passa di anno in anno. 
non è più - da tempo - una questione di giorni e questo accade da un pò, ormai.
mentre scrivo il suo trascorrere è una cosa già accaduta, e siamo già dall'altra parte della sera, in una zona più vasta, dominata da un senso orizzontale che allinea tutti gli sguardi e le direzioni degli intenti.

forse per questo Battiato cercava fughe in diagonale - digressione.



increspature
tempo
fluido

acqua
forma
venire alla luce

profondo
blu


da Call me by your name, Luca Guadagnino, 2017


tutto il senso del non-finito come concetto interno e intimo di non luogo. il limite come tensione perenne. 

ut tensio sic vis, d'altronde.


da satellite bianco a satellite blu, salita e discesa.
prendo aria e ritorno a fondo.

da Five angels for the Millennium, Bill Viola, 2001


ieri la mostra di Bill Viola e Michelangelo a Londra.
ieri a tratti, per lunghi tratti, non ho respirato.
e per lunghi tratti il tempo s'è fermato. colpa dell'acustica ovattata forse, o forse per la poca luce (nulla) e il senso di un rumore di fondo come un muro di suono simile all'apnea.

un flashback potentissimo: lo stesso senso di liquefazione che sento, con diversa intensità, da quando sono in Inghilterra e di cui scrivevo qualche anno fa. all'inizio un cambiamento di stato dovuto alla totale perdita della mia forma in un mondo nuovo, in cui ho fatto fatica e ho ampiamente fallito - per fortuna - nell'intento di tenere saldi i confini di quello che ero o che pensavo mi definisse, confini non solo miei.

perdita e soprattutto rinuncia: ho mollato e ho vinto.
mi sono lasciata andare via e con quella persona che ero a un certo punto ci siamo sempre viste di sfuggita: due passanti che mai si sono conosciute ma solo incrociate per caso, come capita con gli sconosciuti sulla scala mobile in senso opposto a quella in cui ci troviamo noi. gli sguardi delle due si fermano in un senso di nostalgia e di qualcosa che è accaduto a entrambe ma di cui non ci sarà mai il tempo di parlare.
un colpe di tosse, gli sguardi si abbassano e loro sono già lontane.

vorrei fermare quella ragazza che se n'è andata all'improvviso dopo anni, in un istante, lasciandomi un tatuaggio nuovo sulla schiena. lei avrebbe continuato a portare la lavanda a casa, a fare ordine il sabato mattina, a cambiare forma alle cose, a non fermarsi mai. vorrei passare dall'altra parte delle scale e prenderla per mano, e vorrei abbracciarla prima che se ne vada di nuovo.

lei starà in una delle tante navi che se ne vanno lontano e tornano dopo anni, forse.

invece io me ne vado ogni volta e questo è tutto.
Capossela scrive: ... e quando vai non illuderti di coltivare assenze. Te ne vai e questo è tutto.

anche questa perdita sta dentro questo liquefarsi costante: un mare senza un finisterre, le parole dentro le lettere di uno scarabeo immenso su un fondale invisibile e blu che bisogna sparpagliarle per terra e ricercarle ogni volta.

l’acqua che avevo dentro, quella di cui io sono fatta e mediterraneo di balene volanti, che a un certo punto si era tutta riversata sul pavimento di una casa non mia - come sarebbe versare a terra il latte una domenica mattina con la pioggia e senza l'amore - è poi ritornata dentro, come fanno certe cascate in Scozia quando il vento è talmente forte da farle scorrere al contrario.



e non ritornano ancora

la forma del seno, la forma dei fianchi.
la forma del pube e della bocca.


Guardo Tristano di Bill Viola e penso a questo.


e potrei essere preparata, infatti ho più o meno goffamente tenuto botta, in apnea. dentro nel frattempo pensavo a una boccia gigante di Lexotan, grande quanto il barattolo di Nutella di Moretti in Bianca.

ma andiamo avanti.

arriverà Michelangelo e il suo titanismo dall'ordine gigante a salvarmi oggi.
sbagliato.
è arrivato il Cristo Risorto. 



qui in realtà più che spiritualità vi è materia e celebrazione di questa. della terra e del corpo, in ogni muscolo e fibra.


tentano così di ritornare

la forma del seno, la forma dei fianchi.
la forma del pube e della bocca.




Michelangelo Buonarroti, Cristo Risorto, 1532-3



slancio titanico, celebrazione.