Torino, bicerin e nuvole


Torino, 4 maggio 2018



il ritorno è come il sesso dopo tanto tempo, tutti i sensi lentamente si risvegliano dal lungo e infinito inverno per ricostruire i rapporti tra distanze, spazi e i tempi del contatto.
ci vuole tempo per riprendere una certa confidenza con un corpo di cui si conoscono comunque forme, odori e umori, di cui si sa dove toccare, come farlo e quando, quanto spingere e quanto aspettare. come calibrare il respiro. 
c'è un lungo silenzio, fatto di tutte le attese e le aspettative e le paure del mondo, che si sono accumulate per anni e ormai costituiscono una sorta di corpo, compatto, duro e inalienabile, immobile, in attesa di un cenno. 
per poi infine sciogliersi e spalmarsi come una crema appiccicosa ovunque.
e ci si ricorda di nuovo all'improvviso dove cominciamo e dove finiamo. dove finisce il piacere e dove finisce il mondo. di come si stia nudi di fronte a qualcuno. tutto esposto, a un sorriso e a una carezza. 
lenzuola e nuvole.
belle cose.

il bicerin denso mi guarda, dal fondo di cioccolato. lo guardo anche io e sono ancora lì, a sbrogliare l'associazione generale col sesso dal caffè e dalla brioscia.
tra le zone di comfort e le salvezze personali. di riconoscibilità, archetipi e storia, tranelli sparsi. riavvicinamento alla memoria antica e intatta (come polle tra l'erbe diceva qualcuno).
un rapporto autentico dove tutti siamo vincitori e tutti siamo vinti.

fuori piove e il legno dentro il locale è più scuro che mai. alla luce della candela sul tavolo un tempo lontano, lontanissimo. di maniere e formalismi, distanze certe e definite. una signora elegante, con un impermeabile manica 3/4 maculato, coperta d'oro dalla testa fino ai piedi, chiacchiera con delle pause insostenibili, la ascolto per un pò e quasi mi perdo nella sua permanente: seria, composta, intatta. 
accanto a lei arriva buffo un gruppo di ragazze orientali, rumorose e poco abituate al senso dello spazio dell'acustica di un locale simile, coi cappelli alla chaneldegliyankees di un giallo fosforescente che vicino al maculato della regina Mida fa tutto all'improvviso un gran fracasso. 





tutto questo stridore combatte con violenza la morbidezza della brioscia sul tavolo. la difendo strenuamente tornando alla zona comfort.
sono sobria e lucida, ne sono certa, ma non sorride quasi nessuno, che peccato.
tranne me, che sono arrivata al cioccolato fondente, amaro quanto basta come dopo l'amplesso cominciato prima, quando si ritorna lucidi. è una questione di qualità diceva qualcuno.



piove, come quasi cinque anni fa, ma questa volta la città è tutta mia e non vi è nessuna paura tra i miei pensieri, che sono limpidi, puliti e non hanno voglia di altre cose.