carfizzi oltremare

C'è un posto oltre l'orizzonte dei luoghi in cui vivevamo, un mondo di magneti e miracoli, dove i pensieri si smarriscono con sconfinata costanza. Il luogo più dolce, le notti di meraviglia, la rugiada lucente, il fiume senza fine.

high hopes_p i n k f l o y d



la calce l’ho sempre immaginata bianca io, e spessa, come pasta pulita, piena di nuovo.
anche Carfizzi me l'ero sempre immaginato bianco. così dovevano essere le sue case prima della tredicina di Sant’Antonio, un paese che si prepara per la festa.
un paese bianco, il giglio del santo.



carfizzi_chiesa di sant'antonio
foto_u r s u l a b a s t a


non un colore, ma una sensazione.
l’intonaco liscio in verticale, il cemento ruvido e la terra battuta in orizzontale, il cielo azzurro.
qualche giorno fa, passeggiando per la vascialia, nel cuore antico del paese, una casa ha attirato la mia attenzione, per una scultura in rilievo a forma di testa, a metà della parte alta della cornice della porta, anticamente dipinta di rosso. i muri dell’intradosso indaco,  come questo cielo di ottobre. non la carta da zucchero, ma un lapislazzulo lucente.

dov’è il bianco Ursula?
non in queste case. le ho fotografate una ad una, scrostando l’intonaco delle pareti vuote e scavalcando imposte già andate, guardando il cielo dal cannicciato frantumato dal tempo.

hora_immagini

colori.

questo è.
rosa e verde, anche, e poi l'indaco, oltremare.
come tornano le cose(blu).


In una delle fessure, che non erano profonde e si ramificavano in altre crepe, riconobbi un colore. Era, incredibile a dirsi, il blu della tigre del mio sogno. Vorrei non averlo mai visto. Guardai bene. La crepa era piena di pietruzze, tutte uguali, rotonde, molto lisce e di pochi centimetri di diametro. 

da Tigri blu_j o r g e l o u i s b o r g e s


i ricordi sono come le tigri blu di Borges, le pietruzze tra gli intonaci, una volta tra le mani si riproducono e svaniscono in modo del tutto casuale e imprevedibile. 
non vi è una logica nell'addizione o nella sottrazione tra loro.
stanno, come occhi, tra le fessure; invischiati tra le ragnatele del tempo immobile del ricordo. 
e s’insinuano all’improvviso, nel tempo distratto di una passeggiata.

h o r a









 
              















non so se torneremo in un secondo ciclo
come le cifre d'una frazione periodica;
ma so che un misterioso rotare pitagorico
ogni notte mi lascia in un luogo del mondo

che è di periferia. un angolo remoto
che può trovarsi a nord, oppure a sud o a ovest,
ma ha sempre un muricciolo di un pallido celeste,
un folto fico scuro e un marciapiede rotto.

j o r g e l o u i s b o r g e s

la settima volta

la giornata è così bella che non ho neanche voglia di sognare. 


l'assaporo con una sincerità dei sensi alla quale l'intelligenza si abbandona. passeggio come un commesso liberato. 

mi sento vecchio solo per avere il piacere di sentirmi ringiovanire.
b e r n a r d o s o a r e s


non mi libererò mai di pessoa, come non mi libererò mai del profumo di settembre, mese fecondo.
si trascina dolce la nostalgia di ciò che d’estate il corpo in pausa ha vissuto e si lava nel mare dell'ultimo sole di agosto, già fresco, già pieno dell’argentea rugiada mattutina. 

settembre, piedi ghiacciati e coperta sul divano; quiete, musica, lucidità estrema.

stamani, per la prima volta, dopo un anno e mezzo di blogger, ho aggiunto altre etichette ai miei miei post, cercando di inquadrare le parole, le sensazioni, i sensi a cui più ho spinto, su cui più ho lavorato, consciamente e non. 
modalità disponi a nuvola e BOOM!
il quadro chiaro, una gerarchizzazione onesta:

solitudini_oceanomare_l’urlo_desiderio_animesalve_tempo_silenzi_umano

io vorrei oggi fermarmi e concentrarmi su queste parole.
non un’analisi lucida, ma la poesia che nel caso nasce avvicinando l’una all’altra.
il microcosmo di ciascuna che intrattiene le altre per stato, per affinità, per elezione; che avvicina ciascuna, nel caso.

solitudini_'immaginifiche', feconde, solide, edificanti. isola fortunata di assoli e viaggi serali. accarezzate da anni, curate, come si cura una parte di sè.

oceanoMare_come il libro di Baricco, certo, come non potrebbe.
il mare è per me specchio, casa, orizzonte, grembo, madre di tutte le cose, la 'fonte battesimale' di cui parla Magris. ciascuna onda un'allungamento della mia volontà, del mio abisso.

l’urlo_ un’immagine che risponde allo sfogo viscerale di bagagli d’informazioni, l'energia, la bocca spalancata sul mondo.

urlare:'dal latino ululare, il gridare proprio dei lupi e simili animali.
per similitudine, gridare ad alta voce per tormento, rabbia o dolore'
_(fonte: etimo)

un urlo, anzi, l'urlo, sconfinato, cavo, senza pareti o cieli, ma un solo centro e poi la liberazione.

desiderio_non solo la forza che spinge verso altri, ma prima la forza che nasce dal profondo, primitiva, primordiale, embrionale; legata all’odore, legata alla carne, parte dal sesso; finisce ovunque, a pioggia. voce silente della vita che spinge a continuare, a immaginare, a camminare, a respirare.

animesalve_è anche la canzone di de andrè, certamente. animesalve è lo stato della coscienza della salvezza per quel che siamo, della gratitudine verso il percorso che abbiamo fatto, della riappacificazione con noi, intima, dolce; arriva un attimo prima del perdono, dopo la guerra; un cane che si lecca le ferite, in solitudine.

tempo_è la stessa altraora, dalla pelle alla luce che entra dalla finestra, dalle stelle che ci incantano alla memoria che ci raccontano; il suo racconto è la tensione di questa stessa scrittura.



silenzi_il valore aggiunto al tempo: la lentezza, la quiete, il legame tra il mondo dentro e il mondo fuori.

..dico e penso questo, nella mia gola, e le mie parole mi sembrano persone..sento di tenere in mano, non so come, la chiave di una porta sconosciuta. E io tutta sono un amuleto o un tabernacolo cosciente di se stesso..

da 'il marinaio'_fernando pessoa

questa mi pare d'essere in questo istante, la fata che guarda il mare da una grande finestra scavata nella calce bianca, il tempo d'affacciarmi e sono già in acqua.

gustav klimt_fischblut_1898


'la rosa nel bicchiere'

i luoghi sono da sempre quelli che più s’insinuano nel mio cuore, con i colori, con i profumi, con la luce, con i volti che ad essi sinceramente somigliano; con le visioni che creano l'immaginario che ci portiamo dietro per storia, per tradizione, per scelte fatte nel corso del tempo.

questo post è per la sensazione di quando i luoghi propri, quelli per cui le nostre parole sono sempre troppe o troppo poche, all’improvviso compaiono tra le parole di un qualcun altro, uno sconosciuto come altri. 
questo post è per quell’istante, pieno di rapimento profondo e di avvenuta coscienza di una comprensione reciproca verso la vita; verso i modi in cui la vestiamo, la addobbiamo, la sventriamo, la sbraniamo, nelle notti e nei giorni.

questo è stato il concerto di Vinicio Capossela a Monte Curcio, il giorno dell’equinozio d’autunno, nell’ora del demone meridiano che non vede ombre proiettate sulla terra dai giganti della Sila, che ora son lì a fare da verde cavea al canto, al racconto.

della vita, della morte
del mare e dei porti, delle vie che vanno perdendosi e dei sentieri che vanno biforcandosi
del cammino dei migranti, delle soste degli stanchi
delle mosche attorno all’afa, del vino nel bicchiere
dell’amore urlato e del desiderio taciuto
del corpo che canta, della mano che prega
del succo della vita profumata di frutta di stagione
dei luoghi, ognuno diverso
dei volti, ognuno un universo

la vita nelle parole di un uomo quasi ‘circolare’, quasi intrecciato con la linea che si unisce a se stessa e gira attorno al mondo intero, passando sempre per il ventre dell’uomo.

(per curiosare e stupirsi_ VinicioCapossela)

Vinicio ‘mistico e sensuale’.
Vinicio, suoni e parole di velluto caldo, come un’accortezza, come un’attenzione. 
Vinicio che innamora tutti, per quel sentimento panico, di profonda comunione, di infinita gratitudine verso ogni cosa.

La poesia che segue, del poeta calabrese Franco Costabile, è stata letta durante il concerto.


la rosa nel bicchiere

un pastore
un organetto
il tuo cammino.
Calabria,
polvere e more.

uova
di mattinata
il tuo canestro.
Calabria,
galline
sotto il letto.

scialli neri
il tuo mattino
di emigranti.
Calabria,
pane e cipolla.

lettere
dell’America
il tuo postino.
Calabria,
dollari nel bustino.

luce
d’accetta
l’alba
dei tuoi boschi.
Calabria,
abbazia di abeti.

una rissa
la tua fiera.
Calabria
d’uva rossa
e di coltelli.

vendetta
il tuo onore.
Calabria
in penombra,
canne di fucili.

vino
e quaglie,
la festa
ai tuoi padroni.
Calabria,
allegria di borboni.


carrette
alla marina
la tua estate.
Calabria,
capre sulla spiaggia.

alluvioni
carabinieri,
i tuoi autunni.
Calabria,
bastione di pazienza.

un lamento
di lupi,
i tuoi inverni.
Calabria,
famigliola
al braciere.

Francesco di Paola
il tuo sole.
Calabria,
casa sempre aperta.

un arancio
il tuo cuore,
succo d’aurora.
Calabria,
rosa nel bicchiere.




c’è un luogo al di là di noi stessi, dove vivono solo i desideri che abbiamo avuto,i sogni che abbiamo disegnato, le voci che di notte ci rubano i pensieri e sognano visioni, un luogo dove noi siamo un pò di più; dove ogni singola parte del corpo appartiene non solo a noi stessi; dove noi siamo primordiali, nel senso di un recupero del contatto iniziale e primitivo con le cose, nel senso di un qualche principio, di un qualche occhio nuovo.


c a r f i z z i_via palacco
foto_u r s u l a b a s t a



Vinicio canta, per me, sempre quel luogo e quel luogo sempre assomiglia, in qualche dettaglio, a casa.

elemento naturale: acqua

appuntarsi i profumi e gli occhi nel viaggio costruisce un vademecum del desiderio: noi trasformiamo le cose che vediamo con gli occhi e che sentiamo attraverso i sensi tutti, passando attraverso il simbolo di ciò che conosciamo, che abbiamo imparato.

mare:
lisca di pesce, sassi, pietre, sale.

mare come estasi_il fuori dallo stare, dalla stasi delle cose.

il mare è per pochi, il mare dentro, che non è mai come il mare fuori.
non concede distrazioni da sè, o pause; non concede esitazioni o momenti di paura.
al mare ci si va per starci dentro, in acqua, e guardare il cielo, che da nessun posto appare così, curvo. La volta che pare appoggiarsi sul nulla, al di là delle nuvole sopra i nostri occhi.
nuvole che camminano, forme che cambiano. tempo. memoria.

non c’è paura nel cielo, nè nel vento, nè nel rumore. 
e io presente, viva.



Neruda scriveva ‘qui vengono a finire i venti, tutti/ la pioggia si denuda’, ‘tutto in te fu  naufragio’.

nella sua poesia la donna è come il mare. sposa dell’insondabile e dell’incostanza, della sorpresa. trasformazione, vita.


il grembo come il cielo che contiene il mare; estatica, infinita.


feminine wave_katsushika hokusai