..sei mai stata sull'Aventino?

Roma, 22 dicembre 2017


la cucina è un luogo, fisico, reale. uno spazio in cui si ricostruisce e si attinge a quel villaggio della memoria che è l'immaginario della nostra identità, e ne è anche il suo bestiario.
raccontata, sentita raccontare, ricostruita, vista e appuntata, fotografata, filmata, reinventata.

non è un post di cucina questo, chiaramente, ma un primo tentativo nell'appuntare e nel voler mettere ordine dopo tanto tempo nelle cose che accadono e che sono accadute in questi mesi. 
nel caos ordinato, calmo e lucido, di una volontà e forza implacabili che semplicemente accadono, di conferme inattaccabili e punti fermi inamovibili che semplicemente sono.

questo è un post che parla di luoghi, tra fughe e approdi momentanei ennesimi, tra epifanie e umanità raccontata di nuovo.
perché smettere di raccontare e raccontarci fa perdere l'abitudine a farlo e a pensarci anche, spesso.
il racconto invece è un esercizio.
sono sempre più convinta che i luoghi in cui viviamo, nel breve e nel lungo termine, tracciano se stessi nei nostri volti e nel modo di guardare alle cose, ma quello che ho imparato ultimamente è che le persone sono esse stesse dei luoghi e che non sempre questi coincidono con i posti di origine. ma questo rimanda a un immaginario personale che vede e sente per differenti esperienze e sensibilità.
un'idea forte e irresistibile a cui ultimamente non riesco a non pensare ogni volta che sono con qualcuno o che penso a qualcuno.
persone come luoghi di passaggio, persone come alberghi o come piazze. persone che sono città intere e che sono vicoli. 
vuoti e invasi, vallate. persone come il mare. persone alle quali ritorniamo come si ritorna nei posti dove siamo stati felici.
che nella loro lettura attenta questi poche volte mentono, nella loro umanità, in quel momento che arriva dopo la vera magia che è nell'incontro, e in chi si muove per far accadere le cose. 
e poi la poesia nello scoprirne i motivi e tradirne la natura, fragile e luminosa, ma quasi sempre definitiva. 
nel caso delle persone tuttavia i percorsi sono nuovi istante per istante. non vi sono mappe, né direzioni prestabilite. solo scorci, come assaggi. prospettive veloci. e come i luoghi possono regalare epifanie. ce ne possiamo innamorare alla follia, perché all'improvviso ci sentiamo compresi, salvi.

e a proposito di salvezze personali momentanee qualcuno un giorno ti chiede "..sei mai stata sull'Aventino?".





non aprirò la parentesi Roma perché non riuscirei a sbrogliarla tutta, soprattutto in questo momento, in cui da Cambridge metto ordine negli appunti presi di fretta sul tavolo di un ristorante a Testaccio mentre la crostata di visciole mi guardava gioconda.
non aprirò la parentesi sulla fermata Roma, perché essa sempre ritorna come un sogno, un'istantanea felice di un luogo in cui sempre avrei potuto vivere e che si fa strada tra milioni di altri futuri possibili per naturale maestosità.
un posto in cui davvero "il tempo è un signore distratto, un bambino che dorme", in cui la bellezza esiste, accade e riaccade a ogni scorcio e che mi ricorda con forza di non dimenticarmene, di non essere distratta, di sforzarmi a cercarla e inseguirla, citarla, narrarla. di ritornarvi.


fontana di piazza della Rotonda, Roma

..è in questo senso che si possono incontrare persone che sono Roma, che allo stesso modo riescono a disegnare le giornate e le impressioni passando per il sacro e per la terra, portandoti a passeggio per cortili, giardini, improvvisi silenzi e clamori. con un'umanità dolce e irresistibile, delicata, che si impone con passo lento, che aspetta sulla soglia. 
non so se ci siano chiavi per entrarvi, ma ci sono dei punti di vista privilegiati da cui più che coglierne la bellezza è questa che ci coglie, come una sferzata di vento all'improvviso. e all'improvviso si è invincibili e illuminati da una beatitudine particolare. 
senza stagioni, senza conflitto, senza paure, come i pini di Roma, maestosi e immobili.




il termine 'beato' deriva dal latino e vuol dire pienamente contento. dal termine beato deriva poi beatitudine che rimanda allo stato di piena, perfetta e costante felicità.

la beatitudine è in questo caso un altro luogo, in cui la felicità e la contentezza accadono naturalmente.

non ci avevo mai pensato prima alla bellezza di questa parola e alla sensazione  di pace che ne deriva.